Bardineto
La chiesa di San Nicolò
La chiesa di San Nicolò a Bardineto, di antica origine medievale, ospita un mirabile ciclo pittorico di inizio Quattrocento, straordinaria espressione del gusto gotico cortese. Questi affreschi rappresentano un momento cruciale nell'arte tardogotica tra Piemonte e Liguria, registrando anche influenze toscane e lombarde.
A Bardineto, all’imbocco del colle dello Scravaiòn dove sorge il fiume Bormida, si trova la rinomata sorgente Fons Salutis, conosciuta fin dall’antichità per la sua acqua purissima, accanto alla quale si possono osservare i resti dell’antichissimo “castrum” bizantino o longobardo, il cui significato non è ancora stato interpretato in modo univoco.
Poco distante, su una posizione sopraelevata, si erge la prima chiesa parrocchiale della comunità, dedicata a San Nicolò, situata ad un miglio di distanza dall’abitato. Questa chiesa fu attiva fino al Cinquecento, quando i sacramenti cominciarono ad essere celebrati nella più accessibile chiesa di San Giovanni Battista. Di conseguenza, la chiesa di San Nicolò entrò in uno stato di semi-abbandono a partire dal XVI secolo, priva di sorveglianza e con un cimitero circostante dove trovavano riposo i defunti.
La chiesa di San Nicolò
Di antica origine, almeno altomedievale, nonostante i plurimi rimaneggiamenti e restauri, la chiesa di San Nicolò conserva memoria delle sue lontane origini nella piccola absidiola laterale destra, di forma circolare, di chiara impronta romanica, e in quella centrale, di forma quadrata, risalente alla modifica quattrocentesca. Caratterizzata da una muratura in pietra e da una copertura in pietra, la cappella ha iniziato a perdere progressivamente la sua importanza a partire dal XV secolo, quando è diventata prevalentemente un luogo di sepoltura, anche per la sua posizione al di fuori del nuovo nucleo abitativo.
All’interno della chiesa, si trova uno dei più affascinanti esempi di cultura pittorica gotico-cortese della Liguria. Caratterizzato da un eccezionale gusto descrittivo, questo ciclo pittorico si distingue per le eleganti e preziose vesti dei personaggi, arricchite anche da lussuosi inserti in vaio, e per l’abbondanza della natura, ritratta con fedeltà e varietà.
L’opera pittorica, che ricopre abilmente ogni spazio dell’arco trionfale e del vano presbiteriale, è frutto di un’unica esecuzione ed è attribuita ad almeno due maestri attivi nei primi decenni del Quattrocento. La straordinaria integrità del ciclo pittorico consente di ammirare appieno la sua raffinatezza formale ed espressiva, oltre alla notevole capacità esecutiva dei suoi autori, che utilizzano incisioni, mascherine e pigmenti di altissima qualità. Questo ciclo pittorico è stato poi riconosciuto come un momento cruciale nella comprensione della cultura artistica e figurativa tardogotica tra Piemonte e Liguria, richiamando sia gli sviluppo artistici toscani presenti nei centri portuali liguri penetrati sin nell’entroterra che l’influenza lombarda-padana.
Ciò si riscontra subito nella decorazione dell’arco trionfale, dove spicca l’episodio di San Giorgio che uccide il drago, seguendo uno schema compositivo comune nell’area piemontese (in particolare negli interventi coevi e successivi di Peveragno e Cigliè). La rappresentazione della scena avviene con un intento realistico, includendo le figure del re e della regina che, affacciandosi da una fortezza munita di ponte levatoio issato, assistono alla liberazione della principessa. Ai lati dell’Annunciazione, che campeggia alla sommità centrale dell’arco trionfale, si trova San Michele arcangelo intento a pesare le anime, mentre sul lato opposto si alternano le figure di Santa Marta con il drago, Maria Maddalena e Santa Brigida, insolitamente presente in quest’area.