Murialdo
La chiesa di San LORENZO
A Murialdo, il castello medievale era collegato da un ponte sul fiume Bormida ad altri due punti strategici e difensivi, la chiesa di San Lorenzo e l'oratorio di Sant'Agostino, formando così un complesso sistema difensivo architettonico e urbano. Degno di nota è il portale scolpito della chiesa di San Lorenzo, che rappresenta un'interessante testimonianza del coinvolgimento attivo della comunità locale.
Salendo lungo la Bormida di Millesimo verso nord, Murialdo si presenta come un luogo di straordinaria complessità devozionale, caratterizzato dalla presenza di diciotto cappelle sparse in otto borgate. Questo fenomeno testimonia la costante tensione devozionale degli abitanti nel corso dei secoli, la quale non è mai diminuita. Il castello altomedievale e la sua cortina di torri difensive, posizionate degradanti su un promontorio e ormai ridotte in rovine, erano unite da un ponte sul fiume Bormida ad altri due siti strategici, la parrocchiale di San Lorenzo e l’oratorio di Sant’Agostino, volti a disegnare quello che è stato riconosciuto come un complesso sistema difensivo architettonico e urbano.
La chiesa di San Lorenzo
Il portale d’ingresso della chiesa di San Lorenzo è sormontato da una lunetta decorata ad affresco con una Madonna con il Bambino e angeli annuncianti, riproponendo un modello pittorico diffuso in epoca tardogotica in altre zone limitrofe, ad esempio nel monregalese. Sotto la lunetta, un’esplicativa decorazione scultorea ritrae l’episodio del martirio di San Lorenzo, diacono spagnolo che in seguito alla persecuzione venne arso vivo sopra una graticola. La drammatica scena è incorniciata da un’epigrafe che riporta il 1445, l’anno della nuova erezione dell’edificio, le maestranze che la eseguirono (guidate da tale Francesco Garone) e la dedicazione a San Lorenzo, protettore della cattedra della Diocesi di Alba (al cui distretto Murialdo afferiva), nonché titolare della chiesa.
Si tratta di una testimonianza significativa della partecipazione dell’intera comunità ai lavori di questo luogo di culto, riconosciuto come parte integrante della sua identità sociale e spirituale. Alla riedificazione, che venne concessa nel 1440 e sopraggiunse per riparare le fondamenta ormai deteriorate, ne seguì una più imponente e incisiva nella seconda metà del Seicento, responsabile dell’aspetto attuale. La struttura architettonica della chiesa quattrocentesca, che prevedeva un tetto a capriate a vista e tre navate, riaffiora sorprendentemente nella prima colonna a destra dell’altare: da questa riemergono infatti un capitello in pietra istoriato a racemi vegetali e un superbo affresco tardogotico raffigurante Santa Caterina d’Alessandria, ritratta in piedi con la palma del martirio, inserita in una straordinaria micro-architettura.
La straordinaria maestria espressa nel suo volto, insuperabile nell’ambito della produzione artistica locale, garantì la sua preservazione durante i successivi restauri, consentendo di conservare l’affresco integro nel nuovo pilastro e preservandolo fino ai giorni nostri.
I restauri del primo decennio del XXI secolo scoprirono il resto del corpo e nella parte inferiore una dedica: questa riporta la data del 1459 per l’esecuzione e il nome del committente, un certo Rubeus de Cardano, di provenienza lombarda.
La sacrestia attuale, che probabilmente è il riutilizzo di una cappella della chiesa primigenia, accoglie un notevole e completo episodio pittorico: nelle altissime volte una decorazione ad affresco illustra i quattro Evangelisti coi loro simboli davanti a troni e leggii magistralmente intagliati, nel sottarco i Profeti (Geremia, Davide, Mosè, Ezechiele) e nelle pareti le Storie della Vergine (Annunciazione, Presentazione al Tempio e Assunzione). La realizzazione di una finestra in tempi contemporanei ha danneggiato un riquadro mariano, eseguito dalla stessa bottega guidata dall’anonimo Maestro di Roccaverano nell’ultimo ventennio del Quattrocento.
L’accesso alla chiesa di San Lorenzo, attraverso il suo portale, appare discorde rispetto alla facciata principale. Considerato un enigma architettonico, potrebbe trovare una spiegazione plausibile se si considera che la chiesa, risalente al Quattrocento, avesse originariamente un ingresso con una scalinata in discesa (come sembra suggerire l’altezza della pavimentazione su cui si erge la colonna quattrocentesca dipinta con la Santa Caterina d’Alessandria). Questa ipotesi trova ulteriore sostegno nel diverso livello della strada adiacente, chiaramente più basso.
L'oratorio adiacente dedicato a Sant'Agostino sorge sopra un'antica struttura difensiva, probabilmente una torre di avvistamento, nella quale la confraternita laica dei Disciplinanti si insediò già alla fine del Quattrocento, sebbene appaia menzionata per la prima volta in un documento ecclesiastico solo nel 1525.
Nel corso del tempo, l’edificio è stato oggetto di ampliamenti progressivi e arricchito con scranni lignei, alcuni dei quali sono ancora visibili nelle testimonianze degli anni Ottanta del secolo scorso, con tracce di ancoraggio sulle pareti.
Recentemente, durante i lavori di restauro che hanno coinvolto la rimozione del dipinto dell’altare per il restauro, è emerso un inaspettato affresco cinquecentesco raffigurante l’Ultima Cena.
Questa scoperta ha avviato una serie di interventi di restauro che stanno riportando alla luce gli episodi della Passione e Morte di Gesù Cristo. Nonostante l’apparente semplicità della pittura, il suo fascino non viene intaccato dall’estensione e dalla continuità dell’opera, che sembra essere stata realizzata in almeno due fasi durante la prima metà del Cinquecento. La grande scena della Crocifissione in controfacciata sembra appartenere a una seconda fase pittorica, che ha sostituito alcune scene precedenti forse non più gradite, mantenendo però inalterate le cornici decorative precedenti.
Tra la chiesa parrocchiale e l’oratorio di Sant’Agostino si trovava un incrocio molto frequentato, che collegava i territori di Ceva (e del suo Marchesato) con quelli liguri e si estendeva lungo un crinale che permetteva l’accesso al Monregalese. Su questa altura sorge un’altra struttura difensiva, la cappella altomedievale di San Giovanni Battista, conosciuta localmente come “San Giovanni della Langa” per la sua posizione isolata e sopraelevata, che offre una vista panoramica sulle Langhe.
Nonostante alcuni interventi di restauro, nelle vele della volta sopra l’altare sono conservate, sebbene con pigmenti alterati, le rappresentazioni dei quattro Evangelisti seduti nei loro scranni. Queste opere sono attribuite a una cultura artistica che fiorì intorno agli anni Sessanta del Quattrocento e che coinvolse artisti come Segurano Cigna, forse ancora agli inizi della sua carriera, o altri artisti del suo circolo.