Denice
La chiesa di San Lorenzo
La chiesa di San Lorenzo di Denice, accanto alla torre difensiva duecentesca, custodisce affreschi del XV e XVI secolo, espressione della vivace devozione popolare e della temperie culturale locale. I pannelli votivi decorano la parete laterale e culminano nella zona absidale, dove emerge una drammatica Crocifissione, con un’esplicativa narrazione della Passione di Cristo.
Arroccato su un promontorio alla sinistra orografica della Bormida, il luogo di Denice è caratterizzato da una cortina di case che sembra abbracciare la torre duecentesca, alta e slanciata, che rappresenta l’ultimo residuo del sistema difensivo medievale. La sommità della torre, come nella vicina Roccaverano, è decorata con tre file di archi ciechi alternati con un motivo noto come “a dente di sega”, mentre l’ingresso originale presenta un arco acuto con architrave. Dalla sua posizione, Denice domina la valle della Bormida e segue il tracciato di un’antica via romana, dove sono stati rinvenuti vari reperti, tra cui una stele funeraria con tre volti togati, oggi parte della decorazione di alcune facciate del borgo.
Feudo dei Del Carretto almeno dall’inizio del XIII secolo, passa per un breve periodo sotto il controllo dei Marchesi di Saluzzo e infine è territorio degli Scarampi fino all’età moderna. Nel documento di cessione al comune di Asti da parte di Ottone del Carretto nel 1209 di ventuno località del territorio (che subito dopo riottenne sotto forma di beneficio feudale dagli astigiani) è indicata Denice come “castrum et villa”: oltre alla già citata torre, non sussistono però oggi memorie monumentali dell’antico sistema fortificato. Una relazione parrocchiale di fine Settecento descrive però il muro dell’attuale chiesa di San Lorenzo (divenuta poi parrocchiale nel XVI secolo) posizionato contro le rovine del castello.
L’antica e romanica parrocchiale risulta essere quella di San Massimo, situata come consuetudine al di fuori dell’abitato e in posizione sopraelevata, ma sulla via d’accesso al paese. Abbandonata nella prima età moderna, assunse in seguito le funzioni di cappella cimiteriale, che conserva tutt’ora. Intanto la comunità iniziò a radunarsi nella chiesa del castello, ubicata nel centro del borgo e intitolata poi a San Lorenzo.
La chiesa di San Lorenzo
La chiesa di San Lorenzo è costituita da un’ampia aula rettangolare voltata a botte ed è stata interessata da plurimi rimaneggiamenti nel corso dei secoli, tanto che appare non semplice individuare la struttura originaria all’esterno. Fino al decennio scorso, diversi strati di intonaco nascondevano preziosi frammenti di pittura tardogotica, che hanno iniziato a emergere a partire dal 2010. Sono visibili chiaramente infatti le “spicchiettature”, segno del tentativo di sovrapporre le pitture precedenti. Questo intervento di copertura potrebbe risalire al 1577, quando, su ordine del vescovo, la chiesa venne imbiancata e restaurata per adeguarla alle disposizioni tridentine, con lavori eseguiti anche sul pavimento e sul soffitto.
Un’attenta osservazione rivela la presenza di vari cicli pittorici, realizzati da differenti maestri e dai loro collaboratori, nel corso di un periodo relativamente breve, compreso tra il XV secolo e i primi decenni del secolo successivo. Questi cicli rappresentano committenze sia gentilizie che legate alla devozione popolare. Nonostante la complessità e la diversità degli autori, prevalentemente locali e operanti nelle zone limitrofe e in altri beni del circuito della Bormida Gotica, si osserva una coerenza decorativa armoniosa. Anche se alcune parti sono mancanti, la collocazione di queste testimonianze devozionali ci permette di immaginare come potesse apparire l’intera chiesa, completamente abbellita.
Semi-nascosto all’ingresso della chiesa, sulla destra, è conservato un pannello devozionale pittorico che raffigura Sant’Agata, mentre tiene nella mano destra un vassoio contenente i seni recisi, simbolo del suo martirio. Nell’esecuzione di questa figura si può rimandare a un pittore locale, riconosciuto nel Maestro di Levice, per i modi eleganti di esecuzione della capigliatura, la resa dei lineamenti e il fondo decorato, attorno ai primi decenni del Cinquecento. Accanto alla cornice che riquadra la Santa è stato apposto in epoca moderna un secondo ex voto, due seni appesi a un chiodo, eseguiti prima che l’affresco fosse coperto dallo scialbo.
Sulla parete opposta, la parete entrando a sinistra, un primo pannello votivo presenta Sant’Apollonia, con una tenaglia che stringe il dente, in quanto protettrice dei denti, e accanto Santa Lucia, con gli occhi sul vassoio, protettrice della vista. Queste prime figure tardo quattrocentesche possono riferirsi alla medesima intenzione devozionale e alla committenza specifica di tale Manuele Cova (o Eova), come recita parte dell’iscrizione che corre al di sopra della cornice.
Segue la teoria una Santa Caterina d’Alessandria, di cui si è persa la figura, ma è possibile riconoscere la ruota dentata con all’interno l’aguzzino, simbolo del suo supplizio. Accanto un lacerto, identificabile con una Madonna assisa in trono con il Bambino e una illeggibile parte di iscrizione (in minuscola gotica). Un altro episodio pittorico prosegue l’andamento orario della parete con una raffinatissima Santa Caterina d’Alessandria descritta in un naturalismo cortese e calligrafismo elegante, opera di un abile artista di cultura lombarda e internazionale. Accanto vi sono frammenti delle parti inferiori di due santi taumaturgici cari alla religiosità popolare, quali Sant’Antonio Abate (che si riconosce per la presenza di un porcellino nero) e San Sebastiano, di cui si scorgono solo i piedi. Proseguendo la lettura dei riquadri devozionali si incontra un altro frammento pittorico raffigura una Madonna col Bambino, posta davanti a un drappo d’onore decorato con motivi floreali. Infine, l’esecuzione di una Maria Maddalena, a tutto busto, termina la sequenza nel pilastro angolare alla zona absidale.
La parete absidale presenta una dolente Crocifissione, ambientata in una città cintata e descritta nel suo prospetto urbanistico, con San Giovanni Evangelista e la Vergine addolorati e piangenti ai lati.
Nella lunetta di sinistra sono accuratamente rappresentati gli strumenti utilizzati durante la Passione di Cristo: la croce, la scala per la deposizione del corpo, la brocca per l’acqua, la spugna imbevuta di aceto, i dadi con cui gli arcieri hanno tirato a sorte la tunica di Cristo, i chiodi, il martello e la lancia che trafisse il costato di Cristo. La lunetta di destra, invece, raffigura il sepolcro aperto e una faretra abbandonata. L’apertura moderna di una finestra nella parete laterale dell’abside ha compromesso la lettura di quello che sembrava essere un rigoglioso giardino, con alberi da frutto, tipico delle decorazioni delle dimore nobiliari, che parrebbe forse legarsi alla funzione originaria della cappella gentilizia.