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Cortemilia

La pieve di Santa Maria

Nel centro dell'Alta Langa, Cortemilia custodisce testimonianze estremamente significative del suo passato medievale, tra cui spicca la torre cilindrica d'avvistamento. Poco distante, la millenaria pieve di Santa Maria presenta un’abside esterna riccamente scolpita con motivi antropomorfi e zoomorfi, incarnando un esempio di raffinata cultura duecentesca di portata internazionale. Tra le memorie pittoriche, gli affreschi trecenteschi del complesso di San Francesco offrono un notevole esempio dell'arte gotica d’influenza francese, diffusa al tempo nel cuneese.

Nel cuore dell’Alta Langa, alla confluenza del fiume Bormida e del torrente Uzzone, si erge imponente una torre cilindrica d’avvistamento risalente all’inizio del Duecento, parte integrante della struttura difensiva del feudo di Cortemilia. Ciò che rimane oggi è solo una frazione di quello che un tempo doveva essere uno dei castelli più complessi ed estesi della regione: i resti archeologici includono tratti della cinta muraria, la porta con il ponte levatoio, frammenti del palazzo trecentesco e una torre a ferro di cavallo, tutti elementi che testimoniano vari ampliamenti avvenuti tra la fine del XII e la prima metà del XIII secolo.

Cortemilia fu una delle corti del territorio compreso tra il Tanaro, l’Orba e il mare, concesse dall’imperatore Ottone I ad Aleramo nel 967. Già nel 991, alcune terre del suo territorio furono donate per la fondazione dell’Abbazia benedettina di Spigno Monferrato. Fu sede di marchesato con Bonifacio Minore e venne menzionata come “castrum” nel 1209. Successivamente, Cortemilia passò brevemente sotto il controllo dei Marchesi di Saluzzo e poi dei del Carretto fino al 1347, quando divenne feudo degli Scarampi insieme a Perletto e Torre Uzzone. Dopo essere stata sotto il controllo dei marchesi del Monferrato, nel 1615 fu definitivamente annessa ai Savoia. 

Durante il periodo medievale e moderno, Cortemilia rivestì un ruolo cruciale nel commercio con la Riviera e il Ponente Ligure, ma anche con il Piemonte. Tra il 1191 e il 1313, la città fu persino sede di una zecca marchionale e i suoi cittadini ottennero numerose concessioni lungo quella che ancora oggi è ricordata nella storiografia locale come la “Strada di Ottone del Carretto”.

La pieve di Santa Maria

Dall’altro lato del torrente Uzzone, la pieve di Santa Maria, citata sin dal 998, rivestì il ruolo di chiesa parrocchiale fino a quando il nucleo abitativo si spostò dall’altra riva dell’Uzzone (che qui confluisce nella Bormida e che serviva da spartiacque tra la diocesi di Alba e quella di Acqui Terme) per trovare riferimento nelle chiese di San Michele (che dipende dal cenobio benedettino di Spigno dal XII secolo) e San Pantaleo (di cui abbiamo notizie dal XVI secolo). Attorno alla pieve sorse uno dei sette borghi, Cheronzio, distrutto a metà del XIV secolo: da questo momento comincia un lento abbandono del sito religioso, che verrà anche convertito a capanno agricolo nel Settecento. 

 

Situata in punto di snodo geografico, la pieve appartiene alla diocesi di Alba sicuramente dal 1226 e risulta essere stata a capo di un’ampia circoscrizione plebana. Della sua complessa, e ancora non risolta, vicenda costruttiva appare subito il campanile romanico, a pianta quadrata, ritmato da ordini di archetti e sormontato da ordini di trifore ascrivibile tra la seconda metà dell’XI e inizio del secolo successivo.

Si differenzia culturalmente invece l’abside esterna costruita con blocchi curvilinei di pietra rettangolare, composta di una cornice semplice, un fregio “dentellato” che corre sopra agli archetti, i quali sono sostenuti da una serie di motivi dal disegno e forme massicce che, sebbene dilavati dall’erosione, scoprono elementi antropomorfi, zoomorfi e fitomorfi nelle piccole mensole triangolari che sostengono i peducci. L’apparato scultoreo dell’abside esterno, asseribile tra gli anni 1230-1260, si può immaginare ancora più composito, data la presenza di una superstite sirena bicaudata nello spazio tra gli archetti pensili. 

La chiesa si presenta con un’unica navata, suddivisa in quattro campate, attualmente intonacate, con l’originale copertura conservata solo nella parte absidale. Durante alcuni restauri, purtroppo accompagnati dalla distruzione di un pronao d’accesso a tre arcate, avvenuti nel 1942, è stato rinvenuto un reperto scultoreo di notevole interesse, un piccolo trittico in pietra arenaria locale. Questo manufatto, probabilmente parte del ciborio sull’altare, presenta una Mano benedicente nella fronte triangolare e un’iconologia legata al culto mariano. La Madonna in trono con il Bambino è circondata da due figure nimbate, tra cui potrebbe essere identificato San Giovanni Battista, mentre ai lati due monaci incappucciati e vestiti di saio reggono dei simil bastoni. Elementi decorativi vegetali e simboli astrali, come croci uncinate e stelle a dieci o dodici punte, ornano la superficie del trittico. La sua realizzazione, caratterizzata da uno stile molto stilizzato e in parte enigmatico, è presumibilmente databile alla prima metà del XIII secolo, durante una delle fasi di trasformazione della pieve, con l’intervento di maestranze non originarie del territorio cuneese.

Ex chiesa e convento di San Francesco

Sulla sponda opposta del fiume Bormida, di fronte al Monte Oliveto, si erge imponente il complesso di San Francesco, la cui costruzione è legata al governo dei Del Carretto e divenne il centro politico e religioso di riferimento (tra le altre cose, qui fu sepolto secondo le fonti anche Manfredo IV Marchese di Saluzzo, signore di Cortemilia). 

La tradizione storiografica e locale attribuisce la fondazione della chiesa e del convento dei Frati Minori al passaggio e alla predicazione di San Francesco d’Assisi che avvenne in questo luogo durante il suo viaggio verso la Francia. Questa consuetudine, tuttavia, non è confermata da documenti, ma si lega anche all’operato del frate francescano Beato Guglielmo Ribone, nato proprio a Cortemilia.

Sebbene le dimensioni attuali rispecchino varie fasi di rimaneggiamento, per lo più di epoca sei e settecentesca, tra cui la maestosa facciata con pronao, il presbiterio rialzato conserva sorprendenti tracce dell’originaria decorazione pittorica trecentesca.

All’inizio della parete laterale sinistra si trova una preziosa testimonianza di pittura gotica lineare d’influenza francese, che si stava diffondendo in area cuneese (Alba, Savigliano, ma anche Mondovì), nella prima metà del Trecento. Questa fascia decorativa presenta alcuni Santi su un fondo blu, muniti di aureola, di cui si scorge la realizzazione in stucco con l’incisione di un punzone a motivo vegetale. Tra i soggetti riconoscibili ci sono un venerabile molto lacunoso, un Santo guerriero (forse San Maurizio) e due figure di Vescovi, di cui uno si interpreta interamente tiara e pastorale. La fascia è delimitata da una cornice rossa e bianca, accanto alla quale si trova un suggestivo resto di ambientazione desertica e le zampe di un feroce animale. Tracce di un velario e di parte di un’iscrizione, tramandata con una datazione parzialmente leggibile (al 1328 o 1338), completano il quadro. La realizzazione di queste opere, che includono anche la volta e i costoloni con variopinti motivi vegetali e festoni geometrici, appresenta un notevole esempio dell’arte gotica del periodo, aggiungendo valore al patrimonio storico e artistico della regione cuneese.

Il contesto culturale

ll centro storico di Cortemilia custodisce preziose testimonianze dell’arte e dell’architettura tardo medievale e dell’inizio dell’età moderna. Tra queste, non passano inosservati due bassorilievi raffiguranti San Bernardino da Siena e un’Annunciazione, entrambi risalenti al XV secolo, e il suggestivo Palazzo della Pretura. Di fronte a quest’ultimo si erge Casa Molinari, un edificio tardogotico, che conserva nel portone d’ingresso una lunetta affrescata una Madonna con Bambino. Nonostante le modifiche neogotiche apportate nel secolo scorso, la pittura rivela un’eccezionale maestria, distinguendosi dagli esiti delle botteghe locali che operarono all’epoca. Questo è evidente nella dettagliata resa dei capelli della Vergine, nella sua raffinatezza anatomica e nei residui della vivace cromia del suo manto. Sotto la lunetta, la trave riporta la data 1480, il nome della committenza (un tale Lanzarotus con la moglie) e una raffigurazione scultorea dell’Annunciazione, leggibile nonostante il parziale dilavamento della pietra.

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