Cosseria
La chiesa parrocchiale dell’Immacolata Maria Vergine
Il luogo di Cosseria, situato in una posizione elevata che domina due tratti del fiume Bormida, ospita all'interno dell'attuale sacrestia della chiesa parrocchiale affreschi tardogotici attribuiti all'anonimo Maestro di Cosseria. Si tratta di due pannelli votivi, risalenti al 1515, che sono stati casualmente scoperti negli anni Ottanta del secolo scorso, in seguito alle pallonate tirate da alcuni ragazzi durante i giochi parrocchiali.
In posizione elevata di dominio su due tratti del fiume Bormida, sulla strada che collega la Liguria al Piemonte, si trova il luogo di Cosseria, ricordato nella storiografia medievale anche come Cruxferrea, con molta probabilità per la presenza di una croce sulla sommità del monte dove sorgeva il castello.
Citata nel 991 tra i luoghi donati all’Abbazia benedettina di Spigno Monferrato e poi successivamente nei diplomi imperiali concessi alla chiesa di Savona tra il 998 e il 1014, Cosseria fu crocevia di importanti viabilità e sede di una castellania, ovvero di una giurisdizione feudale che controllava un vasto territorio, tra cui anche Millesimo, che qualche secolo dopo sarebbe stato insignito del titolo di capitale montana del feudo dei Del Carretto.
Il castello medioevale fu costruito strategicamente sul controllo delle strade di collegamento tra l’entroterra ligure e il mare. Sebbene oggi sia ridotto in ruderi, gli scavi archeologici hanno dimostrato si trattasse di una imponente struttura, composta di tre cinte murarie: un nucleo più antico composto di una torre quadrata di avvistamento, un edificio religioso, uno residenziale e un fossato (attestabile tra X e XI secolo), una seconda cinta asseribile al XIII secolo e una terza cerchia muraria trecentesca molto estesa, tanto da delimitare tutta la sommità del monte, includendo anche un borgo abitato. Il castrum, espressamente citato nel 1256, assume particolare importanza militare nella tradizione storiografica quando nel decennio successivo vi combatterono genovesi e angioini. La sua presenza nel XII secolo può essere fatta risalire al riassetto dei domini carretteschi avvenuto dopo la morte di Enrico il Guercio nel 1185, quando il territorio venne suddiviso tra i suoi figli, Ottone e Enrico II: quest’ultimo ricevette in eredità i possedimenti che si estendevano da Finale all’alta Valle Bormida, includendo Cosseria.
La chiesa parrocchiale dell’Immacolata Maria Vergine
L’antica parrocchiale intitolata a Santa Maria e San Bartolomeo, citata sin dal 1257, alla fine del Cinquecento è ricordata per un cimitero contiguo alla stessa chiesa. La facciata esterna conserva ancora un rosone in pietra arenaria quattrocentesco, come unico resto visibile dell’apparato scultoreo e architettonico della più antica fabbrica.
In quella che oggi è utilizzata come parte della sacrestia, tra arredi liturgici e un catino in pietra murato (probabilmente un’antica acquasantiera), si può ammirare un’importante testimonianza di pittura tardogotica, l’unica conservata nella zona. Fortuitamente, negli anni Ottanta dello scorso secolo, in seguito ad alcune pallonate tirate da ragazzi durante i giochi parrocchiali, sono sorprendentemente emersi nell’antica zona presbiteriale due parti di affresco.
La parete superstite ospita due riquadri votivi dei quali si ha l’eccezionale attestazione del committente e del medesimo anno, il 1515. Entrambi gli episodi pittorici presentano nella parte superiore della cornice la consueta formula “hoc opus fecit fieri” (ovvero quest’opera fu richiesta da), seguita dal nome proprio del committente e dalla data, eseguiti in punta di pennello nero. Il riquadro più destra ospita la Madonna assisa in trono con il Bambino tra i Santi Bartolomeo, Sebastiano e Rocco, su richiesta di tale Franciscus Barlochus, membro di una delle più antiche famiglie di Cosseria, e probabilmente, com’è stato proposto, anche un uomo vicino ai feudatari.
I due Santi, Rocco e Sebastiano, si possono ricondurre a un ringraziamento per le loro funzioni apotropaiche, poiché sono largamente riconosciuti come le figure protettrici dalla pestilenza. Il secondo episodio votivo invece pone accanto alla Madonna con il Bambino in trono la figura di Santa Marta di Betania, sorella di Maria e di Lazzaro, di cui si conserva solamente il volto con il soggolo monacale, senza altri connotati riconoscibili, ed è da riferire alla committenza di un uomo di cui restano parte del nome Petrus [..] Cunii. In entrambi i pannelli devozionali compare un preciso modello mariano: la Madonna porta in grembo il Bambino, il quale indossa una collana di corallo rosso e una veste trasparente, mentre è intento a giocare con un uccellino. Si tratta di un motivo notevolmente diffuso nella pittura ligure-piemontese quattrocentesca, che indirizza dunque alla paternità di una bottega locale. L’artista riconosciuto è il cosiddetto Maestro di Cosseria, un anonimo pittore a capo di una bottega ben strutturata che si muove lungo itinerari molto frequentati, non solo commercialmente, tra il Basso Piemonte e l’entroterra ligure, tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento.
Nelle opere finora documentate, emerge una predilezione compositiva del Maestro nel configurare scene religiose con Santi selezionati, ritratti in proporzioni monumentali e distintamente riconoscibili nella loro caratterizzazione iconografica. Queste figure sono collocate all’interno di semplici arcate, evidenziando una preferenza per la chiarezza comunicativa rispetto alla ricerca spaziale. Inoltre, si nota una scelta cromatica limitata, contribuendo così all’efficacia visiva complessiva delle opere.
Il contesto culturale di questo episodio pittorico si è reso poi ulteriormente circoscrivibile, dal momento che alla datazione dell’affresco è stata legata la presenza come parroco di un membro della famiglia del Carretto, Ottaviano, presbitero nell’antica parrocchiale intitolata a Santa Maria e San Bartolomeo dal 1502 al 1518, dunque contestuale all’intervento pittorico del Maestro di Cosseria.
La presenza carrettesca
La strada per raggiungere la parrocchiale transita dalla borgata Cuori, dove fino a qualche decennio fa si erigeva un edificio tardomedievale stratificato e di particolare interesse.
Una delle facciate d’ingresso conservava alcuni elementi di rimpiego riconoscibili in una finestra a bifora con l’architrave decorato dello stemma carrettesco, un fregio vegetale in terracotta e un portale ogivale in pietra con l’incisione del trigramma di Cristo accanto a due cuori. Questi antichi simbolici araldici dei Del Carretto probabilmente provenivano in origine dalla loro dimora nobiliare o rientravano nella decorazione dismessa della parrocchiale, probabilmente in occasione dei rifacimenti della stessa avvenuti nel 1660.