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Santuario di Santa Maria dell’Acqua Dolce

A Monesiglio si può ammirare un ricco campionario pittorico medievale. Il Santuario di Santa Maria dell’Acqua Dolce custodisce un notevole esempio di pittura romanica nell'abside, con tracce di affreschi duecenteschi emergenti anche nella prima campata. Nella cappella privata del castello, invece, si trovano affreschi rinascimentali di Antonino Occelli, sebbene compromessi da restauri e aperture di finestre, mentre nella cappella di San Martino è conservato un tipico modello pittorico tardogotico raffigurante il Cristo in mandorla.

Tra Mombarcaro e Prunetto, sulla sponda destra del fiume Bormida, si trova il luogo di Monesiglio, menzionato per la prima volta intorno alla metà del X secolo come una “corte” nel diploma imperiale del 967, con il quale vengono concesse vaste proprietà a Aleramo. Tra la fine del X e l’inizio dell’XI, Monesiglio entra a far parte dei possedimenti dei vescovi di Savona, mentre alla fine del secolo successivo anche il monastero benedettino di San Quintino di Spigno Monferrato menziona dei diritti sul queste terre. Successivamente, diventa feudo dei del Carretto (riceve l’investitura imperiale nel 1355), che ne condividono la signoria con i Caldera, i quali nel tempo ne acquisiscono una parte sempre più consistente, diventando poi in età moderna i Saluzzo.

Santuario di Santa Maria dell’Acqua Dolce

Eretto sulle sponde del fiume Bormida, il Santuario di Santa Maria dell’Acqua Dolce, conosciuto localmente come San Biagio, offre nel suo aspetto esterno una rilevante testimonianza di architettura romanica. Pur non essendo riconoscibile con certezza come pieve nei diplomi ottoniani, appare come monastero nel 1325 in un elenco di possedimenti religiosi della Diocesi di Alba. Nel corso dei secoli ha subito vari interventi, soprattutto in epoca barocca, con importanti restauri avviati dal vescovo Marino a partire dal 1573, che ordinò la ricostruzione del tetto a spese del signore locale, Giovanni Antonio Caldera.

L’edificio, risalente all’XI secolo, è caratterizzato dalla presenza di tre absidi semicircolari, compenetranti, abbellite da una serie di eleganti archetti pensili: se l’abside meridionale risulta inspiegabilmente intonacata, quella centrale, di altezza maggiore, si distingue per una fascia aggiuntiva di fornici nella parte superiore. La facciata a capanna, sebbene restaurata nel corso del tempo, conserva ancora le tipiche decorazioni ad archetti pensili.

 

I vari interventi di restauro moderni hanno conservato sostanzialmente la struttura originale medievale dell’abside, la cui decorazione pittorica è dominata dalla figura del Cristo benedicente. Nel registro mediano, sono presenti alcune rappresentazioni degli Apostoli, intervallate da tre monofore. Nella fascia inferiore erano probabilmente disposte una serie di figure di Santi all’interno di un’arcata o alcuni episodi narrativi: di questa sequenza, è ancora visibile parzialmente il dettaglio superiore della Madonna con il Bambino.

Questo notevole ciclo pittorico, databile intorno al Duecento, si ammira per l’uso vivace del colore, per una certa rigida spazialità bidimensionale, resa anche dai personaggi raffigurati con movimenti lenti e schematici, e da alcune tracce di tipiche decorazioni vegetali e fitomorfe.

Nella parte superiore dell’ultima campata, quella più vicina all’abside, tracce di decorazioni pittoriche duecentesche stanno sorprendentemente riemergendo a causa del distacco accidentale delle pitture successive sovrapposte.

All’ingresso del Santuario, si scorge sulla parete destra un brano pittorico di altra epoca, riconducibile alla seconda metà del Quattrocento: si tratta di un pannello votivo raffigurante la Madonna con Bambino circondata da San Giovanni Battista e Sant’Antonio Abate nelle loro tradizionali vesti.

Cappella privata del Castello

Sulla sommità del borgo, l’attuale cappella privata del Castello dei Caldera-Saluzzo era in origine parte della primigenia chiesa di Sant’Andrea, la prima parrocchiale sita nel centro del nucleo abitato, di cui emerge ancora la torretta medievale, incorporata successivamente nella complessa stratificazione del maniero. Le fonti documentarie indicano che la chiesa di Sant’Andrea in origine fungeva da sacello privato del castello dei signori del luogo, come attestato da un atto emanato da Enrico II di Savona nel 1221 proprio nella “cappella castri”. Tuttavia già dal Trecento divenne la chiesa della comunità. La trasformazione del castello in residenza signorile stravolse il complesso architettonico, abbatté parte dell’antica parrocchiale, che venne ricostruita a poca distanza e conservò una parte della navata laterale convertendola in cappella privata. Nonostante lo stato di conservazione poco consono (soprattutto quando il castello fu adattato a casa di riposo), presenta uno dei primi esempi di pittura rinascimentale della zona.

Il ciclo decorativo che mirabilmente adorna le pareti di questa cappella è attribuito a Antonino Occelli da Ceva, il cui contributo è testimoniato da un’iscrizione in finto marmo a lato dell’altare. Oltre alla sua firma, questa iscrizione riporta la data del completamento dell’opera, il 15 novembre 1532, e i nomi dei committenti (Antoninus Dota e Guillerminus de Ogeris). Uno di questi potrebbe essere identificato come la figura inginocchiata, dipinta ai lati dell’attuale altare, il cui posizionamento successivo ha causato danni alla decorazione parietale. Il ciclo pittorico si estende anche sulla volta, dove sono raffigurati i Quattro Evangelisti, e sulle pareti, dove sono dipinti alcuni Santi, tra cui Cristoforo, Pietro e Paolo, e un Santo guerriero non identificato, purtroppo compromessi dall’apertura di una finestra moderna. Nell’arco d’accesso una raffigurazione quasi intera di Sant’Apollonia con abito damascato e acconciatura sofisticata, precede sei Sibille, inserite in medaglioni e accompagnate da cartigli esplicativi, di fronte alla figura di Re Davide, raffigurato a mezzobusto con un cartiglio descrittivo e un libro aperto. Completano l’insieme, un fregio a motivo vegetali di gusto classico e un velario chiaro decorato con stampini lungo le pareti.

La cappella medievale di San Martino

Il luogo di Monesiglio offre un veritiero campionario di pittura medievale, dalle testimonianze romaniche ai primi cicli di affreschi pienamente rinascimentali. Sulla collina che sovrasta l’abitato, dove un tempo sorgevano l’antica chiesa di Sant’Andrea e il castello, viene menzionata all’inizio del Trecento nei registri della Diocesi di Alba la presenza della cappella di San Martino. Si ritiene che questa cappella possa aver ospitato un monastero in epoca altomedievale, sebbene una precisa attestazione la identifichi come cappella solo nel XIV secolo. All’interno del catino absidale della cappella si trova una raffigurazione del Cristo in mandorla, risalente alla metà del XV secolo. Tuttavia, data la sua inaccessibilità al pubblico, non è possibile verificare completamente lo stato di conservazione dell’opera.

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