Perletto
L’antica parrocchiale di Sant’Antonino
L'antica parrocchiale di Sant'Antonino, rinomata per la sua distintiva struttura architettonica romanica, conserva un pregevole modello pittorico tardogotico, ampiamente diffuso nella zona. Tuttavia, la fascia pittorica raffigurante gli Apostoli è stata misteriosamente rimossa negli anni Ottanta, lasciando alcune tracce dei pigmenti originali e una fotografia d'epoca come le sole testimonianze dell'affresco originale.
Alla destra orografica del fiume Bormida, il luogo di Perletto, già parte dell’antica marca aleramica, viene citato nell’atto di fondazione dell’Abbazia benedettina di San Quintino di Spigno Monferrato, che vi possiede alcuni terreni almeno fino alla fine del XII secolo. Le vicissitudini storiche documentano Perletto nei possedimenti prima della famiglia dei Del Carretto e poi degli Scarampi all’inizio del Trecento. In età medievale segue le vicende storico-politiche della confinante Cortemilia fino a quando viene eretto in marchesato autonomo con l’investitura del 1595 di Carlo Gugliemo Valperga.
Il luogo di Perletto assurge a tipico esempio di quell’incastellamento medievale diffuso in Val Bormida tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento, pertanto permette di comprendere storicamente e geograficamente anche come l’isolata antica parrocchiale di Sant’Antonino venne “abbandonata” per costruire il principale edificio religioso (con un’altra titolazione) nel nuovo centro urbano entro la cinta muraria. Se si osserva il paese nella sua posizione dominate, ancora oggi è possibile riconoscere la struttura fortificata e urbana medievale nel complesso costituito dalla torre e da una serie di abitazioni, un tempo racchiuse da un recinto rettangolare. La torre, in particolare, presenta somiglianze con quelle dei centri limitrofi di Olmo Gentile e Vengore (anch’essi possedimenti degli Scarampi) per la sua conformazione architettonica: si erge su una base quadrata e scarpata, si compone nella parte alta di strette feritoie e piccole finestre, e conserva all’interno una cisterna, un camino, un lavandino nel corpo di guardia e un forno, segni del suo utilizzo duraturo.
L’antica parrocchiale di Sant’Antonino
L’antica parrocchiale di Sant’Antonino fu eretta sulla sommità di una collina dove probabilmente ebbe origine il primo insediamento. La chiesa conserva uno straordinario aspetto romanico che domina l’attuale area cimiteriale ed è costituita da un’unica ampia navata che termina in un’abside semicilindrica e da una caratteristica facciata a spioventi.
La primitiva chiesa romanica ha sempre suscitato particolare interesse per la lavorazione dei materiali con i quali fu edificata, utilizzando una pietra arenaria locale composta in tagli regolari e disposta ordinatamente, che testimonia una specializzata maestria tecnica. Questa abilità artigianale è evidenziata da alcune iscrizioni presenti su due blocchi di pietra incastonati nella parete esterna dell’abside.
Alla fine del Cinquecento, considerata già antiquata, la chiesa fu destinata all’officio delle messe per i defunti e nel corso del secolo successivo subì lavori di rimaneggiamento e restauro, che compresero anche la sostituzione del tetto originale in capriate lignee. Dalla fine del Settecento, la chiesa rimase senza tetto per circa un secolo, fino a un intervento tardo ottocentesco che ha comportato anche l’innalzamento della parte superiore dell’abside e l’inserimento di finestre moderne.
L’abside semicilindrico conserva un prototipo compositivo di pittura tardogotica, ovvero un modello devozionale molto diffuso e riprodotto nei territori di dominazione carrettesca nel corso del XV secolo: un gaissimo Cristo in Gloria campeggia nel catino absidale, attorniato dai quattro Evangelisti, nel registro sottostante sono disposti gli Apostoli e la zoccolatura è resa con un finto velario rosso fintamente agganciato a una trave di legno.
Nonostante i successivi restauri pittorici, che risultano massicci e in parte invasivi, e il furto della fascia pittorica intermedia raffigurante gli Apostoli, la decorazione pittorica si attesta alla fine del Quattrocento e può appartenere a quella specifica cultura piemontese-ligure, che presenta particolari similitudini con la produzione del Maestro di Roccaverano (che opera in contesti geografici molto vicini) e di anonime botteghe itineranti. Si riconoscono infatti innumerevoli affinità stilistiche e compositive, non solo negli apparati decorativi (come la variopinta cornice conosciuta come a “foglia di lattuga” dell’intradosso), ma anche nella particolare resa scultorea dei troni-leggii degli Evangelisti e nella disposizione degli Apostoli.
Un ignobile furto
La fascia intermedia della decorazione pittorica dell’abside in origine rappresentava i Discepoli di Gesù Cristo: questi erano raffigurati stanti, di tre quarti, a dimensioni reali e osservabili nel campo visivo del fedele, descritti nei loro attributi iconografici, muniti di un cartiglio iscritto svolazzante e inseriti in una serie di archi a tutto sesto. Nell’estradosso di ogni archetto era poi indicato il nome dell’Apostolo.
Nell’inspiegabile silenzio della comunità e delle istituzioni, negli anni Ottanta del Novecento la fascia pittorica raffigurante gli Apostoli fu asportata dalla superficie muraria lasciando alcuna traccia. Oggi, osservando con attenzione la muratura, si possono scorgere labili tracce di alcuni pigmenti, unici residui della violenta operazione di strappo dell’affresco. Fortunatamente sopravvive una testimonianza del ciclo pittorico integro in alcune fotografie d’epoca, tra cui una del fotografo Bianco di Cortemilia, conservata nelle carte dell’Archivio storico diocesano di Acqui Terme (al cui distretto ecclesiastico Perletto è sempre appartenuto). Tuttavia, fino ad ora, nessuna cronaca locale o documento storico è emerso per spiegare i motivi di questo ignobile furto, né è nota l’attuale collocazione dell’affresco mancante.