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Roccaverano

L’antica parrocchiale di San Giovanni Battista

L'antica parrocchiale di San Giovanni Battista a Roccaverano, eretta tra il XIII e il XIV secolo, conserva un mirabile ed esteso ciclo di affreschi, eseguito dopo il 1481 e attribuito a un anonimo Maestro. È proprio da questo episodio pittorico che il pittore prese il nome di Maestro di Roccaverano, autore poi di una ricca produzione artistica tra il Piemonte e la Liguria.

Roccaverano, nominato per la prima volta come “Rocha” nel 991 nel documento della donazione aleramica in occasione della fondazione del monastero benedettino di Spigno Monferrato, occupa una posizione strategica sul crinale che divide due tratti del fiume Bormida, quello di Millesimo e quello di Spigno. Nel 1209, appare come “castrum e villa” in una concessione da parte di Ottone del Carretto ad Asti, indicando già la presenza di un nucleo abitato riconosciuto. Nel XIV secolo, gli Scarampi acquisiscono i diritti su Roccaverano, come attestato negli statuti comunali del 1399, che menzionano anche un “receptum”, ovvero una struttura fortificata per il ricovero della comunità. Di questo antico sistema difensivo medievale oggi rimane la parete esterna del palazzo residenziale, datato tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento, sito di fronte alla chiesa parrocchiale della SS. Annunziata, progettata da Donato Bramante, insieme a una torre duecentesca costruita con blocchi di pietra locale. Quest’ultima, a pianta circolare e con un coronamento decorativo di tre fasce di archetti e denti di sega, presenta sull’accesso settentrionale lo stemma di Bonifacio del Carretto di Ponti.

Poco oltre l’antica parrocchiale di San Giovanni Battista, seguendo la strada che porta a Denice, si trova la torre tardomedievale di Vengore, di metà XIV secolo, commissionata dalla comunità locale. Questa torre aveva probabilmente funzioni di controllo stradale, facendo parte di un complesso sistema difensivo e offensivo insieme a quella di Roccaverano.

L’antica parrocchiale di San Giovanni Battista

Sul rilievo che separa i due tratti del fiume Bormida venne eretta l’antica parrocchiale intitolata a San Giovanni Battista prima del XIII secolo, come testimoniano gli archetti pensili dei primi due ordini degli del campanile, che in origine doveva sorgere separato dalla chiesa (come si può notare dalla giunta di mattoni). La prima attestazione documentaria risulta però essere del 1345, e verrà indicata almeno dal 1585 come la chiesa cimiteriale del luogo, quando venne ordinato di innalzare la croce del campo santo più grande di quella esistente.

La chiesa di San Giovanni Battista ricoprì il ruolo di parrocchiale fino al 1509 quando, nel centro del borgo e attiguamente al castello, venne costruita la nuova e rinascimentale chiesa dedicata alla Santissima Annunziata (1509-13), su commissione di Enrietto Bruno, arcivescovo di Taranto e tesoriere della Santa Sede, e su progetto di Donato Bramante. 

 

La chiesa, orientata, presenta una struttura a navata unica divisa in quattro campate e termina con un presbiterio rialzato di alcuni gradini. Sul lato settentrionale si possono notare i resti di una cappella semicircolare, mentre accanto si estende il cimitero. Sul lato meridionale della chiesa, invece, si trovano le costruzioni più recenti, tra cui la canonica e la sacrestia.

Nelle vele della volta si dispiegano il Cristo in Gloria benedicente tra Maria e S. Giovanni Battista e i quattro Evangelisti ognuno circondato dai loro simboli caratteristici e rappresentato su imponenti troni marmorei. Nella lunetta della parete di fondo una Crocifissione divelta dall’apertura successiva di una finestra ci restituisce solamente le figure addolorate di Maria e di San Giovanni Evangelista. Nel registro sottostante i dodici Apostoli, sono presentati in proporzione monumentale e resi riconoscibili nei loro connotati iconografici, si dispiegano sui tre lati delle pareti entro cornici polilobate.

Gli spazi restanti delle pareti laterali sono occupati dalle Storie della vita di San Giovanni Battista, il titolare della chiesa. Le vicende tratte dal Nuovo Testamento sono dipinte in otto riquadri di media grandezza, straordinariamente integri nella loro completezza narrativa, nella resa dello spazio e nell’accurata rappresentazione degli abiti cortesi, dei tessuti, delle acconciature e degli arredi.

Le scene meglio conservate si individuano nella parete di sinistra e narrano gli episodi della Passione del Santo, in particolare l’episodio del Banchetto di Erode suscita da sempre ammirazione per la particolareggiata minuzia descrittiva. Nell’arco d’accesso alla zona sacra sono raffigurate Santa Lucia, Sant’Apollonia, Sant’Agata e Maria Maddalena e alla base sono ripetuti gli scudi degli Scarampi, banchieri di Asti, e dei Bruno (o dei De Pasqualibus, secondo un’altra interpretazione), co-titolari del feudo in parte minore: anche la diversa dimensione dei simboli araldici rispecchia il diverso potere nel feudo. 

Il ciclo pittorico è databile dopo il 1481, anno in cui Enrietto Bruno è investito dei feudi di Cassinasco, Rocchetta Palafea e parte di Roccaverano, e periodo in cui stilisticamente si riferisce l’operato dell’anonimo maestro. Questa datazione risulta essere importante anche per circoscrivere temporalmente il percorso di un pittore che ancora non è stato ricondotto in via documentaria ad alcune identità, ma che con diversi collaboratori opera nei territori dominati dai Del Carretto, dall’alessandrino al savonese, entro la fine del secolo. 

La medesima cultura pittorica si riconosce anche nella parete laterale destra della prima navata, restaurata a inizio anni Novanta del XXI secolo

Ospita un’articolata decorazione accompagnata da un cartiglio (in parte lacerato) che restituisce il nome del committente, Simonis Galesii, identificato come un notaio di Roccaverano, e la data del 1502. Alla Madonna con il Bambino in trono eseguita sul pilastro absidale, segue nella parete attigua una serie di Santi di cui si identifica solamente il San Giovanni Battista, sovrastati dall’Incoronazione della Vergine. Ancora una volta si è di fronte a un importante esempio in cui diverse committenze concorrono nell’abbellimento della chiesa di riferimento della comunità e si servono della medesima cultura artistica, pienamente inserita nei circuiti interregionali. 

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