Saliceto
L’oratorio di Sant’Agostino
L'oratorio di Sant'Agostino di Saliceto, oggi convertito in un frequentato bocciodromo, custodisce le testimonianze pittoriche della presenza dei Disciplinanti Bianchi almeno dalla fine del XV secolo, con affreschi raffiguranti anche l’agiografia di San Bernardino da Siena. Nei pressi della frazione di Lignera, invece, l'antica parrocchiale di San Martino conserva la zona absidale interamente e abilmente affrescata, mentre il sacello del castello dei Del Carretto conserva un ciclo pittorico di cultura toscana eseguito alla fine del Trecento, a testimonianza della raffinata committenza marchionale.
Il luogo di Saliceto, collocato al confine tra Liguria e Piemonte lungo il corso del fiume Bormida, compare per la prima volta nelle fonti documentarie nel diploma ottoniano del 967. Nel corso del X secolo, i vescovi di Savona acquisirono progressivamente diritti sul territorio. Nel 1033, in occasione della fondazione del monastero di Santa Maria di Castiglione presso Parma, vengono menzionati anche diritti sulla stessa Saliceto, mentre ulteriori donazioni di terre nella zona sono annotati nel diploma di fondazione dell’abbazia benedettina di Ferrania, antecedente al 1191. Feudo dei del Carretto, nel 1496 questi riceveranno l’investitura imperiale per Saliceto, ma alla fine del XVI secolo il territorio passa completamente sotto il dominio della dinastia dei Savoia.
La frammentazione territoriale e la presenza di diverse entità sul territorio sono confermate anche dalla documentazione ecclesiastica, che indica la presenza di numerose chiese e cappelle all’interno dei confini comunali a partire almeno dal Seicento. Tra queste, si ricordano la chiesa di Sant’Elisabetta delle Umiliate nel capoluogo, la chiesa della Vergine della Consolazione, successivamente dedicata a San Michele oltre il fiume Bormida e la chiesa della Vergine della Neve (ricordata come “assai cospicua”).
L’oratorio di Sant’Agostino
Nel cuore del centro abitato si erge l’oratorio di Sant’Agostino, trasformato in un moderno e frequentato bocciodromo, al cui interno, tra il bancone del bar e la pista da bocce, si trova una piccola cappella quadrangolare dalle precarie condizioni conservative. Questo spazio sacro fa parte dell’edificio originario, il quale nel corso del tempo è stato ampliato fino a raggiungere l’attuale configurazione. Tuttavia, le sue origini costruttive sono ancora oggetto di indagine, poiché mancano documentazioni storiche certe e analisi approfondite che possano chiarire il contesto costruttivo. Nel 1575, un’annotazione menziona l’edificio come privo di reddito, fornendo così un riferimento temporale per una specifica fase della sua esistenza. Durante il periodo barocco, significativi interventi furono intrapresi per migliorare l’aspetto architettonico della chiesa, complicando il processo di determinazione dell’aspetto originario dell’edificio. Il mirabile portale attuale, sebbene risalente al XVII secolo, è attualmente inutilizzato.
A partire dal XV secolo, questa chiesa fu la sede della confraternita laica dei Disciplinanti Bianchi, i quali sono raffigurati nell’affresco come penitenti ai piedi della scena votiva della Madonna con il Bambino, che probabilmente occupava originariamente il muro absidale. Un noto storico locale, agli albori del Novecento, raccogliendo le notizie sulle vicende storiche del paese, ricorda la flagellazione dei battuti e la processione del Giovedì Santo alla fine del Settecento. Tuttavia, non fa riferimento alla fonte dell’atto di fondazione dei disciplinanti, che secondo lui risalirebbe al 1623.
Nelle volte di questa cappella, il ciclo di affreschi prosegue con i simboli dei quattro Evangelisti accompagnati dai loro cartigli, mentre nell’intradosso si trovano i padri della chiesa, tra cui si distinguono le figure di Sant’Ambrogio e San Girolamo. Le pareti laterali della chiesa, invece, narrano le Storie di San Bernardino da Siena secondo la sua tradizionale agiografia, inclusi i racconti dei miracoli attribuitigli dopo la morte, con rappresentazioni in miniatura che lo ritraggono in volo.
Al centro della parete di fondo, la Crocifissione è rappresentata di fronte a possenti mura, caratterizzata da una drammatica composizione. Nel registro sottostante, la Madonna con il Bambino è affiancata dai Santi Giovanni Battista e Vincenzo Ferrer, teologo domenicano e predicatore itinerante.
Lungo la zoccolatura, corre un velario rosso che richiama i tessuti ornamentali presenti nelle dimore nobiliari, un tema ricorrente anche in questa pittura di fine secolo. Ritornano poi elementi decorativi tipici, come le fasce vegetali a riempitivo, che completano l’arredo pittorico della cappella. L’artista, a cui è attribuita anche un’opera su tavola datata al 1475, si inserisce pienamente nella cultura degli anonimi pittori attivi nelle zone attraversate dal fiume Bormida, animati da scambi e contaminazioni, distinguendosi per un’ottima capacità di ritrarre realisticamente il paesaggio circostante.
Il ritratto mariano di questa cappella è da mettere in relazione al frammento di una Madonna con il Bambino, parte di un ex voto, staccato e affisso sul tabernacolo della chiesa di San Gervasio e Protasio, localmente chiamata Sant’Anna.
Antica parrocchiale di San Martino in Lignera
Nella frazione di Lignera, dove si trovava il nucleo originario del borgo di Saliceto, si erge l’antica chiesa dedicata a San Martino, che un tempo fungeva da punto di aggregazione per la comunità locale. Costruita tra l’XI e il XII secolo, la struttura attuale della chiesa di San Martino mostra una complessità architettonica dovuta alla successiva aggiunta di corpi separati: il nucleo originario corrisponde alla zona absidale, caratterizzata da una terminazione piatta, che si distingue dagli annessi della navata (di dimensioni più ampie) e dalla sacrestia. Sul lato destro si distingue il campanile, risalente all’epoca romanica. Nel 1969, poiché pendeva pericolosamente, fu smontato e ricostruito con grande cura, mantenendo intatta ogni singola pietra. Nonostante nel 1573 fosse ancora considerata la chiesa parrocchiale, la sua posizione decentrata rispetto al centro urbano rendeva poco pratica l’amministrazione dei sacramenti alla popolazione. Per questo motivo, il ruolo di chiesa principale è stato assunto da San Lorenzo, uno dei pochi esempi di architettura rinascimentale presente in Piemonte, la cui costruzione è iniziata tra gli ultimi anni del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento.
La sacrestia dell’antica parrocchiale conserva un pannello dedicato all’Annunciazione, corredato di un’iscrizione che reca come data il 1500 e come committente un certo Agostino Pliasco (Pregliasco, nome molto diffuso in zona). Il medesimo tema dell’Annuncio alla Vergine è eseguito nell’arco trionfale che introduce alla grande zona absidale, in parte perso dal rimaneggiamento moderno. Nel sottarco di accesso sono dipinti i Santi taumaturgici, particolarmente venerati dalla popolazione, disposti in questa sequenza da destra: Santa Lucia, Santa Caterina d’Alessandria, San Sebastiano, Santa Apollonia, San Domenico e San Antonio Abate.
L’abside è completamente affrescata con maestria in ogni suo dettaglio e si sviluppa su tre registri distinti: nella parte inferiore si trova la consueta zoccolatura a fondo rosso, nel registro centrale sono raffigurati i dodici Apostoli su sfondi monocromi o decorati con arabeschi, mentre nelle lunette sovrastanti sono narrate le Storie di San Martino di Tours, patrono della chiesa, presentate in sequenza in vari scenari. Sulla volta sono dipinti i Dottori della Chiesa nelle vele, con i simboli dei Quattro Evangelisti negli angoli terminali, mentre al centro si trova il Cristo benedicente, accompagnato dalla Madonna e da San Giovanni Battista in preghiera.
La decorazione pittorica, risalente alla fine del Quattrocento e ai primi decenni del secolo successivo, è opera di un Maestro locale, ancora anonimo, e della sua bottega. Il suo stile chiaro ed eloquente si manifesta attraverso figure monumentali dai tratti distintivi e attributi facilmente riconoscibili, posizione nel campo visivo dell’osservatore, caratterizzate da una serenità interiore che si riflette nelle ambientazioni sceniche, descritte con ricchezza di dettagli. Nella volta centrale, invece dell’usuale raffigurazione dell’Agnus Dei in pietra, è presente lo stemma dei Marchesi Del Carretto, signori del luogo. La presenza di una committenza che si affida agli artisti locali, interpreti di un linguaggio visivo accessibile alla popolazione, è stato considerato un caso unico nell’area, conferendo all’abside un carattere distintivo grazie anche alla conservazione integrale della sua decorazione pittorica.
Sacello del castello dei Del Carretto
A Saliceto, la committenza dei Marchesi del Carretto, influenzata dai gusti e dalle tendenze dei centri urbani liguri, si manifestò anche un secolo prima, intorno agli anni Novanta del Trecento, nel sacello privato del loro castello. Questo edificio fu eretto gradualmente dalla fine del XIII secolo come un mastio difensivo, dotato di fossato, ponte levatoio e mura quadrangolari, e divenne l’epicentro di un fervore artistico raffinato e cosmopolita. Le Storie della Vergine (Annunciazione, Natività, Imago Pietatis e Annuncio ai Pastori) adornano le pareti di questa piccola cappella privata, mentre la Trinità con il Tetramorfo è abilmente raffigurata sulla volta a botte.
Questi affreschi, eseguiti con pregiata maestria, sono attribuiti a un maestro di cultura toscana, inserito in un contesto influenzato dalle produzioni dei centri liguri. La loro straordinaria realizzazione si manifesta non solo nella compiuta e commovente interazione tra la Vergine e il Bambino, ma anche negli ornamenti decorativi che richiamano i più celebri motivi a mosaico e nel complesso scenario spaziale. All’interno della nicchia, due straordinarie teste a monocromo, nei toni del bianco e del grigio, ritraggono una figura femminile e una maschile o infantile, realizzate con una consapevolezza scultorea, di chiaro riferimento alla cultura toscana. Il portico del cortile interno nel quale questa raffinata cappella si affaccia presenta capitelli in pietra adornati con foglie angolari e volute a ricciolo piatto, impreziositi dall’emblema di Giovanni I del Carretto. L’attenzione per tali dettagli denota un profondo interesse per l’arte, tanto da giustificare l’arrivo di artisti non locali, presumibilmente provenienti dalla Lombardia, al fine di arricchire il panorama artistico locale con influenze più ampie e cosmopolite, contribuendo a testimoniare la complessità e la sofisticatezza della committenza carrettesca.