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Spigno Monferrato

La cappella di Santa Maria del Casato

A Spigno Monferrato, non lontano dalla millenaria abbazia benedettina, la cappella di Santa Maria del Casato, in passato dedicata alla Natività della Vergine, conserva un ciclo di affreschi tardo quattrocenteschi attributi al noto Maestro di Roccaverano, tra cui un pregevole episodio dell'Assunzione della Vergine, accompagnata dai Santi Francesco e Caterina d'Alessandria.

Il luogo di Spigno Monferrato sorge in una posizione geografica protetta, incassato tra il torrente Valla e il l fiume Bormida. Originariamente sotto il controllo dell’Abbazia benedettina di San Quintino, la località e il suo castello diventarono feudo dei Marchesi di Ponzone nel XIII secolo, per poi essere venduti ai Genovesi. Nel 1347, passò sotto il controllo della famiglia Del Carretto fino al XV secolo, quando cadde sotto l’influenza di Milano.

Non lontano dall’Abbazia benedettina di San Quintino, riconosciuta come la più importante istituzione ecclesiastica medievale del Piemonte meridionale, sorge la modesta cappella di Santa Maria del Casato, poco oltre il ponte medievale che attraversa e collega le due rive della Bormida. Costruita nel tardo Medioevo, questa cappella di strada si trova lungo un’antica e frequentata via di transito romana, la via Aemilia Scauri.

La cappella di Santa Maria del Casato

La cappella, inizialmente dedicata alla Natività della Vergine e oggi conosciuta come Santa Maria del Casato, faceva parte dei possedimenti dei Frati Minori Conventuali di Spigno. Per un felice caso, riuscì a sfuggire alla distruzione e alla vendita dei beni ecclesiastici durante le soppressioni e le dismissioni napoleoniche a partire dal 1802.

Nella seconda metà del XIX secolo, precisamente tra il 1884 e il 1887, la cappella si trovò al centro di una disputa tra la parrocchia di Rocchetta Spigno e un privato per il possesso di alcune terre nella zona del Casato, da cui la cappella prende il nome. Questo contenzioso, caratterizzato da un vivace scambio di corrispondenza tra le due parti, offre un’interessante panoramica della società appena dopo l’unificazione italiana, coinvolgendo sia istituzioni religiose che pubbliche. Nel 1872, la cappella era descritta come completamente attrezzata per celebrare la messa e per le benedizioni, fornita di oggetti sacri come la patena, il calice e il messale. La sua sussistenza finanziaria era garantita tramite elemosine, dimostrando così la sua costante dedizione nel compiere le sue funzioni religiose.

La chiesa, con una struttura architettonica orientata, mostra un’abside che potrebbe risalire all’epoca medievale, mentre navata e facciata, in stile barocco, sono state intonacate, rendendo difficile un’analisi completa. Si tratta di un’aula unica a due campate con volte a crociera, che comprende la zona presbiteriale, anch’essa coperta da volte a crociera. Originariamente, la chiesa potrebbe aver avuto un’abside quadrangolare, ancora visibile, e un porticato adiacente, probabilmente demolito durante gli ampliamenti del Seicento, quando fu installato l’attuale altare; sul retro di quest’ultimo si trova un’iscrizione che testimonia il legame con i francescani e la datazione barocca. Il tetto della chiesa è stato rifatto a inizio del Novecento e non si hanno attestazioni delle precedenti coperture.

Nella parte absidale della chiesa, l’arco di trionfo ogivale mostra una configurazione che non si armonizza perfettamente con la curvatura della volta absidale, suggerendo che possa essere stato modificato per accogliere un intervento pittorico eseguito alla fine del Quattrocento, ancora visibile oggi: sulla parete di fondo dell’abside è collocato un affresco di grande pregio e dimensioni raffigurante l’Assunzione della Vergine, con ai piedi della Vergine il Bambino, circondato da angeli musicanti che suonano vari strumenti, quali il liuto, la ribeca, il tamburello, la cennamella, la bombarda e la zampogna, mentre il momento mariano è accentuato dal suono delle trombe di due angeli vessilliferi.

A sinistra è rappresentato l’episodio di San Francesco che riceve le stimmate, seguendo un tradizionale modello compositivo iconografico. Al lato opposto si assiste al supplizio di Santa Caterina d’Alessandria quando la principessa, vestita con abiti cortesi, con indosso la corona e in mano il libro che allude alla scienza della città d’Alessandria, fu condannata a morire sulle ruote dentate dopo essersi rifiutata di unirsi all’imperatore. Il miracolo avvenne, come è puntualmente raffigurato nell’affresco, quando le ruote, azionate dagli aguzzini, si spezzarono per volontà divina: la Santa venne però successivamente decapitata.

Gli affreschi, risalenti agli ultimi due decenni del Quattrocento, sono attribuiti al Maestro di Roccaverano e alla sua bottega. Questo maestro itinerante, noto per i suoi lavori nel savonese, tra cui a Murialdo e a Millesimo, operò anche nella zona tra Roccaverano e Spigno. La riconoscibilità dell’artista (e dei suoi collaboratori) emerge non solo attraverso la resa distintiva delle acconciature, che sono costantemente identificabili in ogni sua opera, ma anche attraverso l’uso limitato di variazioni cromatiche non brillanti, soprattutto nell’impiego dei pigmenti locali verdastri, nella fedele riproduzione degli ornamenti decorativi e nella meticolosa resa dei tessuti degli indumenti.

Sulla parete di destra, sono stati recentemente scoperti due pannelli votivi che aggiungono ulteriore splendore all’abbellimento della chiesa, raffiguranti una Madonna assisa in trono con in grembo il Bambino e Sant’Antonio Abate, la cui esecuzione è temporalmente successiva alla parete centrale. Questa forma di devozione è attribuibile ai padri francescani, come indicato dall’iscrizione frammentaria che corre sulla cornice superiore e riporta la dicitura ‘fratres’.

La charta di Spigno

I diretti discendenti di Aleramo, capostipite dei Marchesi di Savona-Monferrato-Saluzzo (tra cui Anselmo con la consorte Gisla e i fratelli Guglielmo e Riprando) firmano la Charta offersionis il 4 maggio 991 nel Castello di Visone, conosciuta in seguito come la Charta di Spigno. Si tratta di un documento di straordinario valore storico: alla morte di Oddone, la famiglia ne celebra la memoria con la fondazione un monastero nel territorio dell’attuale Spigno Monferrato, seguendo una pratica comune all’epoca.

La fondazione del cenobio, oltre a esaudire il desiderio di Oddone, aveva anche il fine di proteggere e accogliere i pellegrini: per fare ciò i futuri marchesi offrono i beni da loro in possesso in alcuni luoghi, tra cui a Spigno (dieci mansi), Perletto (sette mansi), Cortemilia (dieci mansi), Cosseria (dieci mansi). La donazione consiste anche in centotrenta masserie, cinquecento ettari di terreno coltivabile, le terre e i possedimenti di Pulcherada sul Po (attuale S. Mauro Torinese) e di Giusvalla. La consegna dei doni e l’investitura all’abate venne suggellata con il rito salico, tramite l’utilizzo di una gestualità che prevedeva tradizionalmente l’uso di un coltello, della pagliuzza annodata, un guantone, un vaso con la terra del luogo e un ramo d’albero.

In questa fondazione è stato riconosciuto un chiaro esempio della politica degli Aleramici di favorire la cattedra episcopale di Savona a discapito di quella di Acqui, allo scopo di ridurre l’incremento di potere di quest’ultima, anche approfittando della crisi della diocesi di Alba. È infatti specificato che il monastero deve rimanere sotto il controllo ecclesiastico del vescovo di Savona-Vado e che, qualora il vescovo di Acqui avesse cercato in qualche modo di esercitare il controllo su di esso, il monastero sarebbe dovuto tornare sotto il diretto controllo dei discendenti dei marchesi. Due secoli dopo, a questa prima donazione ne segue una seconda, che concede ulteriori diritti su nuovi siti, tra cui: Cortemilia, Roccaverano (La Rocca), Perletto, Denice, Monesiglio, Prunetto, Levice, Cosseria. 

L’Abbazia venne abbandonata dai monaci benedettini nel XVI secolo, fu in seguito retta dalla cattedra episcopale di Savona e in parte distrutta dalle scorrerie napoleoniche negli ultimi anni del Settecento, fintanto che divenne di proprietà privata e la chiesa venne convertita in parte ad abitazione. Nel sottotetto, in corrispondenza della controfacciata, fino allo scorso secolo si potevano osservare le vestigia di una decorazione pittorica risalente all’epoca altomedievale, interpretabili come rappresentazioni del Giudizio Universale, frammenti raffiguranti gli Apostoli e ornamenti fitomorfi.

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